Quando ho iniziato il mio percorso formativo universitario, sapevo bene che non mi aspettava vita facile: in Italia, la figura del Comunicatore Pubblico è pressoché inesistente, a fronte degli innumerevoli settori nei quali potrebbe fare la differenza (dall'istruzione alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla sanità). Vive della concorrenza di chi stringe tra le mani attestati di corsi regionali di addetto al front/back office o social media manager, viene spesso considerato un venditore porta a porta, non gli è concesso nessun riconoscimento professionale. Tutti possono, insomma, dichiararsi abili comunicatori senza averne una qualche qualifica. Sicuramente, molti di loro avranno una certa esperienza nel settore, anche decennale, ma il mio sdegno è rivolto a chi si improvvisa comunicatore credendo che basti pubblicare post random sui social network per fare di lui un esperto. Senza contare che, alla meglio, chi si occupa di comunicazione spesso non riesce a racimolare altro che possibilità di esperienza non retribuita considerata nulla ai fini di un'eventuale assunzione successiva. Altra beffa è la questione della classe di laurea abilitante all'insegnamento: secondo le nuove modifiche apportate a Buona Scuola, se volessi mai decidere di insegnare Teorie e tecniche della comunicazione nelle scuole medie superiori, non basterebbe la laurea magistrale (3+2), ma si dovrebbe allungare il percorso di altri 3 anni per ottenere la tanto sperata abilitazione. Se, invece, decidessi di imbarcarmi nella ricerca iscrivendomi ad un dottorato, alla fine di tale percorso potrei partecipare ai concorsi accademici e non a quelli per l'insegnamento superiore. Danno e beffa di un paese che va avanti sulle spalle del precariato. Il 2017 è cominciato all'insegna della frenesia: ultimi esami, tesi, colloqui lavorativi - fallimentari-, progetti per il prossimo futuro e begli eventi (la prima delle Creative Mornings palermitane). L'anno appena trascorso è stato bello e difficile, segnato da un numero di libri letti inferiore alle mie aspettative (68 su 75, meno dell'anno precedente), da tanti eventi gioiosi, esperienze lavorative e formative ma anche, ahimè, tante porte in faccia. A 29 anni vorresti avere la possibilità di metterti in gioco, l'opportunità di trovare qualcuno che ti offra la possibilità di crescere professionalmente senza sminuire il tuo operato (economicamente e umanamente), c'è la voglia di famiglia mentre il governo ti ricorda che sei un bamboccio che non vuole andare fuori dal nido materno, che non vuole procreare e che spreca la sua "creatività" nel cercare di giungere agli obiettivi d'indipendenza senza farsi sfruttare. Ma forse un po' di stabilità e sicurezza economica è chiedere troppo. Meglio tornare alla tesi.
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Cinema2days è una bella campagna promossa per riavvicinare la gente a quest'arte ormai definita quasi elitaria per i costi più elevati dei biglietti (prezzo pieno, in genere, tra i 6 e i 10 euro). Con grande stupore, ho visto ieri sale gremite e file interminabili quando, di solito, mi ritrovo in una sala con al massimo altre 4/6 persone - a meno che non si tratti di un cartone animato o un film visto nel weekend. Sono andata al cinema con mia madre a vedere l'ultimo di Gabriele Muccino, sebbene non sia una grande fan dei suoi film. "L'estate addosso" è una pellicola con una trama un po' spicciola, godibile e leggera, il cui vero pregio è quello della lingua inglese per 3/4 della durata (circa 100 minuti) accompagnata dai sottotitoli in italiano. In questo film, Muccino racconta di due ragazzi italiani, freschi di maturità, che decidono di vivere il sogno americano sfruttando la proposta di un reciproco amico di raggiungere San Francisco. Questi li mette in contatto con una coppia che li ospiterà durante la vacanza. La coppia è omosessuale, cosa che sconcerterà Maria, cresciuta in una famiglia conservatrice e tradizionale, tanto da dimostrarsi restia a qualsiasi contatto con loro nel primo momento (li definisce dei pervertiti) per poi iniziare a capire che i suoi preconcetti sono dovuti solo alla sua educazione. Non vi sto a raccontare il resto, perché il tutto è riassumibile dicendo che si tratta della storia di amicizie che poi si perdono per lontananza o semplicemente perché ci si innamora di chi non ti corrisponde. Le reazioni degli spettatori della sala sono quello che ha sviluppato questa mia riflessione (ATTENZIONE, dovrò fare degli SPOILER per parlarne). Partiamo dai commenti ai baci omosessuali: c'era chi mormorava e lanciava un "che schifo" di tanto in tanto. Il pubblico era eterogeneo: giovanissimi, miei coetanei, adulti. Il mio sgomento è sapere che quei commenti venivano dai giovanissimi, mentre mi sarei aspettata che fosse più plausibile che qualcuno dell'età di mia madre "s'indignasse" (per fortuna, lei la pensa come me, che l'amore è amore, in tutte le sue forme). Sapere che in quella fascia d'età, nella quale molti stanno ancora scoprendo la propria sessualità, il giudizio dei coetanei è più che severo, quasi violento, mi fa davvero rabbia. I commenti non si sono risparmiati nemmeno quando il protagonista è stato rifiutato dalla ragazza: lei è la "stronza" perché ha una cotta per un altro. Tra l'altro è anche "troia" perché invece di consolarsi per il due di picche con il povero innamorato (che nel frattempo ha passato la notte con una ragazza conosciuta in un bar), ha scelto un vecchio amico d'infanzia per dimenticare la delusione. Se poi questi commenti vengono fatti da una tua coetanea, la cosa è ancora più grave: noi donne riusciamo ad essere tanto crudeli quando si tratta delle altre, però non vorremmo mai che certi appellativi venissero accostati a noi. Siamo brave a dire che la donna dovrebbe essere pari all'uomo, ma poi ricadiamo nello stesso schema paternalistico per cui un uomo promiscuo è un latin lover, mentre una donna promiscua è una puttana. Solita storia dei due pesi e due misure, insomma. La storia va avanti, insomma, ma la mentalità va indietro. Ed è un semplice film a dimostrarlo, non un dibattito, non la cronaca, che restituisce tragedie nelle quali una ragazzina stuprata viene filmata dalle amiche che non muovono un dito se non per rendere il video virale, o una ragazza si toglie la vita sopraffatta dalla condanna altrui rispetto ad un filmino hot. Dobbiamo smetterla di non vedere oltre il nostro naso e oltre preconcetti, ricordandoci che se abbiamo il diritto di essere innamorati, felici, sessualmente liberi, provocanti, protetti e di fregarcene del giudizio altrui, la stessa cosa vale per gli altri. |
A bit of me...
Serie tv e musica dipendente, amante dell'arte in tutte le sue forme ma, soprattutto, vorace lettrice. Categorie
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Ottobre 2017
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